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LE STORIE NAPOLEONICHE

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ALLA SCOPERTA DI LUOGHI RIVOLUZIONARI E NAPOLEONICI

NELLA EAST COST DEGLI STATI UNITI

2^parte

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Le rivoluzioni popolari hanno bisogno di eroi popolari la cui figura, depurata delle ombre più o meno numerose presenti in tutti gli uomini, spicca come modello e riferimento per i contemporanei quanto per le generazioni future.

Nel caso della rivoluzione americana, di figure eroiche se ne possono trovare molte ma quella che più di tutte la impersonifica, è sicuramente quella di Paul Revere.

Figlio di un immigrato francese scappato nelle colonie americane in quanto ugonotto, il suo nome originario era infatti Rivoire, Paul seguì sin da molto piccolo le orme del padre.

Orefice ed incisore come lui, Paul aderì sin dai primi momenti al movimento intellettuale che nella Boston della seconda metà del settecento, stava montando contro i soprusi economici e militari che il governo britannico perpetrava quotidianamente sulle colonie americane.

Sicuramente le persecuzioni che la sua famiglia aveva subito quando era stata costretta alla fuga dopo la tragica notte San Bartolomeo, raccontate più volte dal padre alla sua numerosa progenie (Paul era il terzo di tredici figli), avevano predisposto il suo animo all’intolleranza verso i soprusi ed alla voglia di riscatto una volta per tutte.

Come per quasi tutti coloro che diventarono personaggi di spicco della rivoluzione, anche per Paul Revere l’adesione profondamente convinta alla massoneria locale, fu un elemento di radicamento delle proprie convinzioni libertarie e di rafforzamento della rete di relazioni personali che poi permetterà al movimento insurrezionale di crescere nella totale inconsapevolezza delle autorità governative per poi esplodere in modo irreversibile.

La sua professione di incisore, gli fu utile nella sua attività di cospiratore perché gli permise di realizzare una campagna finalizzata a discreditare il governo britannico attraverso la pubblicazione di stampe satiriche che, girando sottobanco fra la popolazione, permettevano grazie alla forza delle immagini, di espandere anche alle masse meno acculturate, il senso di ingiustizia e la voglia di rivalsa proprie del movimento antigovernativo.

Fra tutte la più iconica ed anche la più utile alla causa, fu quella realizzata all’indomani del massacro di Boston.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nel nostro racconto la figura di Revere è interessante perché permette, grazie ad una sua epica azione, di fungere da trait d’union fra alcune località del Massachussetts, oggi riconosciute come luoghi fondativi degli Stati Uniti.

Dopo aver partecipato personalmente ai fatti del Boston tea party quando la popolazione manifestò contrò la neo imposta tassa sul tè, attraverso il sabotaggio di un prezioso carico di foglie di tè, gettate per protesta nella baia di Boston, il 18 aprile 1775 Revere fu protagonista di un’epica cavalcata che salvò la rivoluzione sul nascere.

Grazie alla sua rete di conoscenze, quella sera venne a conoscenza del progetto delle truppe britanniche, di cogliere di sorpresa le ancora disorganizzate e numericamente ridotte dei coloni insorti, con una spedizione punitiva destinata a spazzarli via in modo definitivo.

In piena notte, prese il proprio cavallo e partì alla volta di Lexington dove erano radunate le forze coloniali. Dopo una serie di vicissitudini incredibili, dall’arresto e successiva liberazione con la perdita però del cavallo trattenuto dai soldati britannici, Revere riuscì comunque nell’intento permettendo alle forze coloniali di farsi trovare pronte all’arrivo delle truppe regolari in uno scontro che prende il nome di battaglia di Lexington (dove caddero le prime vittime della rivoluzione).

 

​​​Nella stampa si vede perfettamente la locanda, la Buckman Tavern di fronte alla quale si svolsero gli scontri e che ancora oggi ospita il piccolo ma curato museo della battaglia.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il luogo riveste un’importanza storica non solo per il fatto di essere stato lo scenario di un evento fondamentale della rivoluzione americana ma anche per il fatto di essere stata, anche prima della battaglia, un luogo di confronto fra i coloni che vi si riunivano segretamente per discutere sui modi per scrollarsi di dosso il gioco inglese.

Con la sconfitta delle truppe regolari a Lexington, prese il via una battaglia itinerante che durò un paio di giorni e che coinvolse diverse località dell’area, durante le quale le truppe inglesi cercarono di ritornare a Boston scontrandosi continuamente con drappelli di irregolari sempre più numerosi ed aggressivi che alla fine costrinsero i regolari ad una vera e propria rotta conclusasi con il successivo assedio di Boston da parte dei coloni.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dopo Lexington, gli inglesi cercarono un secondo scontro a Concord dove entrarono alla ricerca dei rivoltosi.

 

 

 

 

 

 

La stampa mostra la vista della città al passaggio delle giubbe rosse dalla collina che la domina e che ancora oggi ospita un cimitero molto affascinante.

Anche questo secondo scontro si rivelò una debacle per le forze regolari a cui fu impedito dai rivoltosi di passare il North Bridge, punto nevralgico per il controllo di tutta la regione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il ponte, seppur ricostruito, è ancora oggi esistente ed è un luogo storico di grande fascino grazie anche alla presenza costante di volontari appartenenti al corpo dei Rangers che fungono da guide storiche illustrando sul campo dove e come si svolsero i fatti ed enfatizzando la figura dei Minute men ovvero della milizia volontaria composta da uomini scelti ed addestrati per essere pronti a sostenere un eventuale scontro con le truppe regolari nel giro di un minuto da cui il nomignolo che da allora li identifica in modo inequivocabile.

 

 

 

 

Alain Borghini

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